mafia e fascismo, vecchio e nuovo

November 29, 2019. by
Mafie e fascismo vecchio e nuovo.
 
La storia parte da lontano, già dalla strage di Portella della Ginestra il 1° Maggio del 1947, per gli interessi comuni fra mafia e fascisti per contrastare l’ondata politica a favore dei lavoratori rappresentata dalla vittoria alle elezioni regionali siciliane del Fronte Popolare, che riuniva Partito Comunista e Partito Socialista.
Alla festa dei lavoratori del 1° Maggio si manifestava anche contro il latifondismo e a favore dell’occupazione delle terre. Salvatore Giuliano con la sua banda fece fuoco sulla gente causando 14 morti e molti feriti.
Il Fronte Popolare, a livello nazionale PCI di Togliatti e PSI di Nenni, rappresentava un serio pericolo, in quanto la Sicilia è sempre stata un laboratorio di nuovi progetti per quanto poi si è esteso a tutto il paese.
Quella strage ha le stesse motivazioni dell’assassinio, che vedremo più avanti, di Piersanti Mattarella poi nel 1980, in quanto il Presidente di Regione stava aprendo al PCI.
Dopo che le Brigate Rosse fecero nel ’78 la parte degli utili idioti facendo fuori Aldo Moro, che acconsentiva alla proposta di Enrico Berlinguer del Compromesso Storico.
Tornando al 47, si trattava di quegli interessi che erano stati garantiti durante il ventennio del fascismo, che aveva con “il prefetto di ferro” Cesare Mori fatto operazione di facciata mettendo in galera i capi bastone, praticamente oggi possiamo dire che sia stata una vera guerra fra bande.
Mori iniziò il suo lavoro in Sicilia nel 1924, ma già nel 1928 venne nominato senatore e nel 1929 fu collocato a riposo.
Fu “premiato” insomma.
I limiti della sua azione fu lui stesso a riconoscerli in tempi successivi: «l’accusa di mafia veniva spesso avanzata per compiere vendette o colpire individui che nulla c’entravano con la mafia stessa, come fu con Cucco e con il generale Antonino Di Giorgio.»
L’operazione era funzionale a far gestire la cosa in prima persona dai gerarchi fascisti, quelli del giglio magico, gli intoccabili, che se ci provavi a ficcar troppo il naso negli affari loro e del duce se ti andava bene al grido di
“PER IL BENE DELLA RAZZA AL CONFINO IL PEDERASTA”
ti mandavano al confino, dopo che l’agenzia personale di spionaggio di Mussolini aveva fabbricato prove della tua omosessualità, oppure se ti andava male ti richiudevano in manicomio dove poi di suicidavano.
Guai ad osservare troppo da vicino quegli arricchimenti veloci dell’altissimo tasso di corruzione di cui già da subito Giacomo Matteotti ne fu vittima, per i documenti di cui venne in possesso dai laburisti inglesi, che ricevettero questi documenti dalla massoneria inglese che a sua volta li ebbe dalla massoneria italiana, che provavano il coinvolgimento di Arnaldo e Benito Mussolini in gravi fatti di corruzione.
La Massoneria italiana ai tempi del fascismo era antifascista, non a caso poi Mussolini chiuse tutte le associazioni, massoniche, partitiche, sindacali.
Sono settanta i dirigenti sindacali, capi-lega, lavoratori e lavoratrici che tra il 1905 e il 1966 sono caduti sotto i colpi di Cosa Nostra per le loro battaglie per i diritti, per il lavoro e per la legalità. A loro si aggiunge Pio La Torre, assassinato il 30 aprile del 1982, che è stato anche sindacalista della Cgil.
D’altra parte il cardinale Ruffini negli anni 60 diceva che «la mafia è un’invenzione dei comunisti per far fuori la DC»
Sante parole, avrà pensato Totò Riina che al suo processo dava la colpa a «Caselli, Violante…tutti comunisti signor giudice» Mantra che poi ripeterà anche Berlusconi.
Da Luglio del 70 al Febbraio del 71 c’è il BOIA CHI MOLLA, ben 8 mesi di violenza che mise a ferro e fuoco Reggio Calabria, per non spostare il ruolo di capoluogo di regione a Cosenza, prime prove di colpo di stato, capeggiata da Ciccio Franco, sindacalista CISNAL e parlamentare del MSI
«QUESTA è LA NOSTRA RIVOLTA, IL PRIMO PASSO DELLA RIVOLUZIONE NAZIONALE.»
Ci fu una manifestazione antifascista organizzata dai movimenti dei sindacati operai ed edili di tutta Italia nella città di Reggio Calabria. La notte prima del 22 ottobre, giorno della manifestazione, otto bombe esplosero su treni diretti a Reggio. La strage di Gioia Tauro, 6 morti e 66 feriti. Ciccio Franco venne indagato ma ne uscì assolto.
Erano tanti gli ex fascisti del ventennio che erano entrati nelle istituzioni, dai tribunali, al parlamento stesso ed i servizi segreti, come Vito Miceli. Coinvolto nel tentato golpe Borghese del 1970.
Ciccio Franco era amico di Ignazio – Benito Maria – La Russa, segretario regionale del Fronte della gioventù, che andava insieme ai suoi camerata fuori dalle scuole e nelle piazze milanesi armati di catene e coltelli. Quello che oggi predica contro i centri sociali perché, a suo dire, covi di violenza.
La rivolta di Reggio Calabria, con il “boia chi molla” fu fortemente appoggiata dalla ‘ndrangheta, Un’operazione necessaria per i De Stefano che la guidavano, segnando la definitiva sudditanza della città e della sua borghesia ai clan. Il motto boia chi molla, di dannunziana memoria venne poi ripreso dal FUAN, l’organizzazione universitaria del Movimento Sociale Italiano negli anni 70.
A metà degli anni 70 è la banda della Magliana che la fa da padrona a Roma, e anche loro, oltre a mandare il falso comunicato delle Brigate Rosse che indicava il corpo di Moro nel Lago della Duchessa, piegati al servizio dei servizi, temeva stretta collaborazione con il terrorista nero dei NAR Massimo Carminati, vecchio amico di Gianni Alemanno, di cui sindacatura è provato abbia fortemente favorito gli affari di Mafia Capitale, di cui Carminati appunto ne era il capo. Alemanno è stato condannato a 6 anni di galera.
Nel 1978 a Milano vengono uccisi in un agguato fascista Fausto e Iaio, due diciottenni del centro sociale Leoncavallo, stavano conducendo un’indagine sullo spaccio di eroina da parte dei fascisti in Lombardia con cui si auto finanziavano.
La Lombardia venne invasa con hashish, ma soprattutto eroina a bassissimo costo, e tante furono le vittime a cadere, chiunque sia della mia generazione, come me, piangerà più di qualche amico morto.
Ancora poi l’assassinio a Palermo il 6 Gennaio del 1980 di Piersanti Mattarella. Pezzi per comporre la targa della 127 usata per l’agguato al Presidente della Regione, furono ritrovati nel 1982 a Torino in un covo di Terza Posizione, organizzazione nazi-fascista di cui poi elementi confluirono nei NAR di Giusva Fioravanti, all’ergastolo insieme alla sua compagna Francesca Mambro per la strage del 2 Agosto alla Stazione di Bologna (80 morti e 200 feriti).
 
Non dimentichiamo poi le stragi del 92 – 93, Falcone e Borsellino, gli attentati a Roma Firenze e Milano, con un totale di 21 morti e 117 feriti, nonché anche il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma, che se fosse riuscito avrebbe avuto conseguenze incalcolabili in termini di numero di vite umane.
 
Nel 1998 la Procura di Palermo iscrisse nel “Registro degli indagati” diversi boss mafiosi fra cui Salvatore Riina detto Totò, e l’estremista nero Stefano Delle Chiaie con l’accusa di aver “costituito, organizzato, diretto e/o partecipato ad un’associazione criminale promossa e costituita in Palermo anche da esponenti di vertice di Cosa Nostra, ed avente ad oggetto il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell’ordine costituzionale, allo scopo – tra l’altro – di determinare, mediante le predette attività, le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia, anche al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate sui territori delle regioni meridionali del paese.
 
Infatti l’indagine condotta dalla Procura di Palermo si basava sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, fra cui Salvatore Cancemi e Giovanni Brusca, più altri della Ndrangheta e Sacra Corona Unita, nonché Massimo Pizza (ex faccendiere e massone): secondo tali dichiarazioni, nel 1990/91 venne organizzato un piano eversivo-terroristico, in cui convergevano esponenti mafiosi, ‘ndranghetisti e uomini provenienti dalle fila della massoneria e dell’eversione nera, in particolare Licio Gelli e Stefano Delle Chiaie.
 
Per i fatti del periodo periodo 1989/93 le indagini della Procura di Palermo accertarono che erano state create numerose leghe indipendentiste a cui parteciparono anche Licio Gelli, Vito Ciancimino, (assessore ai lavori pubblici e sindaco DC del “sacco di Palermo” dal 64 al 71, abusivismo e cementificazione selvaggia, da cui trasse ispirazione il regista Francesco Rosi con il film “mani sulla città” ambientato però a Napoli, dove comunque c’era Achille Lauro, altro storico sindaco DC, che in pratica faceva le stesse cose, ricordato anche per quello che regalava una scarpa prima del voto e l’altra scarpa dopo il voto) Stefano Delle Chiaie ed altri, che si radunarono nella Lega Meridionale, e nell’ottobre 1993 l’allora imprenditore Tullio Cannella (all’epoca uomo di fiducia di Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano) fondò anch’egli il movimento autonomista “Sicilia Libera”.
 
Tuttavia, secondo le dichiarazioni di Cannella stesso, nel 1994 “Graviano, Provenzano e Bagarella, pur continuando a coltivare il progetto separatista, si impegnarono e profusero le loro energie per favorire ed appoggiare l’affermarsi di un nuovo partito politico e cioè Forza Italia, da cui poi la condanna di Dell’Utri, il braccio destro di Berlusconi che ha fondato il partito, a 7 anni di galera per “concorso esterno in associazione mafiosa”.
 
Mi sembra giusto degnare Stefano delle Chiaie della dovuta attenzione: è stato il fondatore di Avanguardia Nazionale, dopo la Strage di Piazza Fontana nel 69 si nascose nella Spagna franchista nel 70, dove prese contatti con il Movimento Politico Ordine Nuovo, rimase fino al 75 per poi trasferirsi nel Cile di Pinochet dove ebbe a disposizione, per il proprio gruppo, un ufficio a Santiago in cui si occupava di propaganda. Fu inoltre direttamente coinvolto dal regime di Augusto Pinochet alle riunioni della DINA di Manuel Contreras e in seguito nell’Operazione Condor, mirata alla caccia ai dissidenti politici in tutta l’America Latina sotto regime fascista, Brasile, Cile, Uruguai, Paraguay, Salvador, Argentina, Bolivia. Organismo voluto e finanziato dalla CIA e per conto del segretario di stato USA Henry Kissinger.
 
Si trasferì poi prima nell’Argentina di Jorge Rafael Videla, generale della dittatura militare fascista, e poi in Bolivia, dove partecipò alla costituzione di un gruppo paramilitare alle dipendenze del Ministero dell’Interno boliviano, gruppo soprannominato i fidanzati della morte, che fu di aiuto nel 1980 al golpe militare e divenne quindi «consigliere politico» prima di Luis García Meza Tejada, poi del suo successore Celso Torrelio Villa.
 
Nel 1982 in Italia fu spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura per concorso nella strage di piazza Fontana. Nel 1987, dopo diciassette anni di latitanza in vari paesi dell’America Latina e da cinque inseguito da mandato di cattura per associazione sovversiva, banda armata e concorso in strage Delle Chiaie si lasciò arrestare a Caracas in Venezuela dalla polizia per essere estradato in Italia. Morto nel settembre, l’esponente della Lega Mario Borghezio è andato a rendergli omaggio rilasciando queste dichiarazioni:
 
“Lo considero un soldato politico nella rivoluzione nazionale, un alfiere della lotta contro la sovversione comunista, in Italia e in tutto il mondo. Un vero combattente, in un Paese ne nasce uno ogni 100 anni. Ho un enorme rispetto per lui. Un uomo di combattimento che aveva una visione del mondo nella quale sostanzialmente mi riconosco”
 
Arriviamo così ad un nome ricorrente nei giorni nostri, che riporta a Terza Posizione: Roberto Fiore, di cui ne fu fondatore, verso il quale nel 1980 venne spiccato ordine di cattura a seguito della strage di Bologna, ma lui si dileguò scappando in Inghilterra dove ha trovato la protezione dei servizi segreti britannici.
 
Oggi è alla guida di Forza Nuova, organizzazione dell’estrema destra che in cinque anni ha accumulato denunce per violenza 240 volte. Dal 1999 Roberto Fiore è tornato in Italia, ma dimenticato perfino da quel Salvini che si spacciava per cacciatore di terroristi, sfruttando per la propaganda l’occasione regalata dalla cattura in Colombia di Cesare Battisti, esponente dei Proletari Armati per il Comunismo. Uno di quei tanti gruppi che si formarono dopo l’assassinio di Moro, esaltati che avendo bussato alle porte delle BR erano stati rifiutati perché ritenuti inaffidabili quando non privi di preparazione politica, delinquenti che si erano politicizzati in galera, come appunto Cesare Battisti.
Ma evidentemente per Salvini la “caccia ai terroristi”, ovviamente mai nata ma terminata con Battisti, era solo se rossi, dato che Fiore vive tranquillamente a Roma e nel periodo 2003-2006 ha collaborato con il cartello di Alternativa Sociale guidato da Alessandra Mussolini, stringendo inoltre collaborazioni esclusivamente di comodo con la Casa delle Libertà, ma mantenendo una propria linea politica autonoma dalle restanti formazioni politiche. Anche protagonista di un video hard, venuto alla ribalta nel 2009, in cui la “contro parte” è Alessandra Mussolini. Dico “contro parte” perché è arcinoto che la nipote del duce sia per la famiglia tradizionale, oltre che per la castrazione chimica per i pedofili, ma pare che sia lei che suo marito, coinvolto direttamente nello scandalo delle baby squillo a Roma, siano esenti da quei principi dei valori della destra riassunti in Dio Patria e Famiglia.
Ma mettiamo da parte il “gossip” e tornando alle cose serie la cronaca di oggi ci parla di OMBRE NERE.
Così è chiamata l’operazione della Digos che scova l’ennesimo gruppo neonazista: 19 indagati, ed un arresto per ora, avevano armi ed esplosivi
Dall’indagine partita dal monitoraggio dei militanti di estrema destra siciliani, è emersa l’esistenza di una vasta e frastagliata galassia di soggetti, residenti in diverse località, accomunati dal medesimo fanatismo ideologico ed intenzionati a costituire, grazie al reclutamento sfruttando i social, un movimento d’ispirazione apertamente filonazista, xenofoba ed antisemita denominato “Partito nazionalista italiano dei lavoratori».
Figura anche il nome di un pluripregiudicato calabrese, ex “legionario” nonché esponente di spicco della ‘ndrangheta e già referente di Forza Nuova per il Ponente ligure.
L’uomo, che aveva un ruolo di spicco nell’organizzazione di eversione di destra, in qualità di addestratore doveva formare le “milizie”. Allo scopo era stata creata anche una chat chiusa denominata “Militia”, finalizzata all’addestramento dei militanti.
Ma il filo nero che vede la stretta collaborazione, per interessi comuni, fra le mafie italiane e la destra eversiva, si allarga fino al fare proselitismo anche nei gruppi di ultrà del calcio
Nel Luglio di questa estate la Digos ha effettuato una perquisizione in una delle abitazioni degli esponenti di estrema destra rinvenendo un gigantesco arsenale di armi, fra cui un missile aria-aria usato dalle forze armate del Qatar. Ricordate?
L’operazione è a seguire quella nella sede di Torino del gruppo skin Legio Subalpina e nelle case di diversi militanti di Forza Nuova erano state sequestrate altre armi insieme a materiale di propaganda fascista e nazista, svelando peraltro collegamenti tra queste persone e gruppi ultras.
Recenti inchieste della Magistratura hanno inoltre evidenziato in tutto il Paese rapporti fra le organizzazioni di stampo mafioso e alcune frange del tifo organizzato. L’ultima relazione della Commissione Antimafia si è concentrata sull’“infiltrazione, o per meglio dire la contaminazione, da parte delle organizzazioni criminali di tipo mafioso delle tifoserie organizzate”. Come si legge nella relazione, “le risultanze dell’inchiesta parlamentare hanno consentito di rilevare varie forme, sempre più profonde, di osmosi tra la criminalità organizzata, la criminalità comune e le frange violente del tifo organizzato, nelle quali si annida anche il germe dell’estremismo politico. Crea inquietudine la presenza di tifosi ultras in tutti i recentissimi casi di manifestazioni politiche estremistiche di destra, a dimostrazione che le curve possono essere «palestre» di delinquenza comune, politica o mafiosa e luoghi di incontro e di scambio criminale”.
Come è per il leader dei Guerrieri, Luca Lucci, condannato per traffico di droga, che da ministro dell’Interno, Matteo Salvini salutò con larghi sorrisi e calorose strette di mano rendendo pubblicamente omaggio alla tifoseria rossonera più estrema. Luca Lucci a capo non di un semplice circolo di tifosi del Milan, il “Clan 1899” di Sesto San Giovanni, ma “una base operativa per riunioni attinenti il traffico di stupefacenti e per ritiri o consegne di droga anche in contesti di criminalità organizzata”.
È di questa mattina, 28 novembre, anche la notizia di un’altra importante operazione a Roma denominata “grande raccordo criminale” 51 arresti per traffico di droga, di cui Fabrizio ‘Diabolik’ Piscitelli, ucciso per un regolamento di conti in agosto, era uno dei capi, già leader degli ultrà della Lazio, noti per la forte contiguità con il neofascismo italiano da Casapound a Forza Nuova, non a caso a seguito del suo omicidio ci fu la sfilata di fascisti che con mazzi di fiori andavano a rendere omaggio al loro camerata, che a questo punto mi pare inutile precisare con delinquente perché le due parole come da questa lunga storia sono sinonimi.
Considerazione: ricordiamoci che poi sentiamo e leggiamo commenti di esponenti della estrema destra, primi fra tutti Salvini, Meloni e Santanché assimilare all’immigrazione la delinquenza e lo spaccio di droga.
Quando invece basta una piccola indagine di approfondimento, rispetto a quanto già sapeva uno come me che fa il chitarrista e non il giornalista, per capire dove invece risiedano i problemi e ben più seri, che vedono quindi la stretta collaborazione fra neofascismo, mafia e tifo organizzato, di cui lo spaccio per strada in mano a gruppi della mafia nigeriana rappresentano solo l’ultimo anello, la spicciola manovalanza.
Ma “per uccidere una serpe devi tagliarli la testa”.
Domanda: ma quando caz*o sciogliamo questi gruppi?
 
nelle foto: materiale rinvenuto nella recente indagine Ombre Nere e Roberto Fiore, responsabile di Forza Nuova
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